Inaugurazione mostra lunedì 14 novembre 2016 ore 18.00
Università Bocconi, via Sarfatti 25
Ferdinando Chevrier è stato uno di protagonisti del M.A.C. (Movimento Arte Concreta), il movimento astrattista fondato a Milano nel 1948 da Gillo Dorfles, Munari, Soldati e Monnet. L’aggettivo “concreta”, coniato nel 1930 da Van Doesburg, vuole appunto ribadire che gli astrattisti non imitano la realtà che vedono, ma concretizzano una forma che inventano.
All’interno del M.A.C., e più ancora nei decenni successivi quando si avvicina all’informale e poi torna alla geometria, Chevrier coltiva soprattutto un’idea di movimento.
Le sue composizioni amano svilupparsi per linee diagonali, dinamiche per eccellenza, e negli anni Ottanta, in particolare, evocano cilindri o spirali rotanti, suggerendo una mobile, misteriosa tensione. Chevrier riprende in questo modo le istanze del futurismo, ma anche l’allons plus vite (“andiamo più in fretta!”) di Apollinaire, che era insieme un sogno, un desiderio,un comando.
Il movimento che dipinge l’artista livornese – ma milanese d’adozione – non è però legato alla macchina. E’ una tensione espressa dai soli segni, dal loro semplice torcersi e ruotare. Chevrier ci ricorda così che il primo movimento è il moto dell’anima e “moto” ha a che fare anche con“emozione”. Nelle sue tele il dinamismo, che è poi un sinonimo della vita, riprende la sua dimensione inafferrabile. Come qualcosa che, fuggendo, ci sfugge.
Tratto dal testo di Elena Pontiggia, 2016
Opere in mostra alla Bocconi